Ordinanza n. 454 del 1995

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ORDINANZA N.454

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 42 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'IVA) promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 1994 dalla Commissione tributaria di I grado di Trapani sul ricorso proposto dalla Banca Sicula s.p.a. contro l'Ufficio IVA di Trapani iscritta al n. 60 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 ottobre 1995 il Giudice relatore Renato Granata.

RITENUTO che, con ordinanza del 6 giugno 1994, la Commissione tributaria di primo grado di Trapani ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, questione incidentale di legittimità dell'art. 42 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'IVA), che punisce (chi omette le annotazioni prescritte negli artt. 23 e 24, in relazione ad operazioni imponibili) [le annotazioni, cioè, di fatture emesse e corrispettivi incassati] (con la pena pecuniaria in misura da due a quattro volte l'imposta relativa alle operazioni stesse); che la riferita denuncia si fonda sostanzialmente sul rilievo che la disposizione indicata (non distingue tra i soggetti che non hanno versato l'imposta dovuta e quelli che [come nella specie] l'hanno invece versata e che, quindi, non hanno perseguito alcun disegno evasivo); che, ciò, appunto, comporterebbe la violazione, per un verso, del precetto dell'eguaglianza per l'irragionevole identità del trattamento sanzionatorio così riservato a violazioni sostanziali e violazioni soltanto formali, e, nel contempo, il contrasto con l'art. 76 Costituzione in relazione ai criteri direttivi posti dall'art. 10, primo e secondo comma, della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, secondo cui le norme da emanare per la prevenzione e repressione dell'evasione avrebbero dovuto perseguire la migliore commisurazione delle sanzioni all'effettiva entità oggettiva e soggettiva delle violazioni.

CONSIDERATO che la questione, così sollevata, è manifestamente infondata sotto ogni aspetto; che la prospettazione del giudice a quo è infatti viziata in radice dalla erroneità della premessa (posta a base di entrambe le ipotizzate violazioni) della supposta irrilevanza, nella fattispecie, dell'assolvimento dell'imposta e della con seguente sussistenza o meno di un danno all'erario; che, viceversa, proprio a tale circostanza l'art. 49 che fa sistema con il precedente art. 42 del d.P.R. n. 633 del 1972 attribuisce espresso rilievo (per la determinazione della misura della pena pecuniaria), così consentendo di conformare, nel quadro della pena edittale, l'entità della sanzione alla gravità del fatto; che, ciò, all'evidenza, esclude sia l'ipotizzata violazione dell'art. 3, sia quella dell'art. 76 della Costituzione, sotto il profilo dell'assolvimento dei riferiti criteri della delega in tema di commisurazione della sanzione alla effettiva entità del fatto; e ciò a prescindere dall'ulteriore pur decisiva considerazione che rientra nella discrezionalità del legislatore tributario configurare anche infrazioni di pericolo, anticipando la sanzione a comportamenti omissivi di condotte ritenute come nella specie strumentali all'obiettivo di facilitare la rilevazione dell'imponibile ed a quello ulteriore di "prevenire" l'evasione fiscale. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 42 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'IVA), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Trapani, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/10/95.